sabato 18 marzo 2000

Domodossola-Cascata del Toce

(altezze di riferimento slm: Domodossola 272 m.; Preglia 288 m.; Crodo 505 m.; Baceno 640 m.; Premia 800 m.; Piedilago 718 m.; Foppiano 939 m.; Fondovalle 1.220 m.; Ponte 1.285 m.; Albergo Cascata del Toce 1.675 m.)

Questo è certamente uno dei percorsi più belli e suggestivi del VCO, impegnativo ma non particolarmente duro se non nell’ultimo tratto finale da Ponte alla Cascata del Toce. Il tratto qui descritto corrisponde alla parte conclusiva del percorso più breve della ex-Diablo, il mitico giro dell’Ossola che da qualche anno infiamma gli appassionati locali (e non) della specialissima: gara alla quale diversi soci della Iride hanno già partecipato onorevolmente in più occasioni.

Dopo il lungo rettilineo che da Domodossola porta a Preglia (attenti alle auto che sfrecciano senza riguardi per i ciclisti!) inizia la salita: da Preglia alla Cascata del Toce sono all’incirca 40 km con una pendenza media del 3,4% (che aumenta appena al 3,6% calcolando la perdita di dislivello di circa 80 m. da Premia a Piedilago da recuperare nel tratto successivo). E’ un percorso ideale per fare dimagrimento ad inizio di stagione, in quanto, come si può capire dai numeri, vi sono lunghi tratti di falsopiano o di debole salita che appiattiscono la pendenza media, perlomeno sino alle Casse. Se la stagione è buona, come quest’anno, la gita è consigliabilissima anche in gennaio o febbraio; in questi mesi partendo verso le 11.00 da Domodossola si pedala sempre sotto un tiepido sole tranne in qualche breve tratto (come prima dei tornanti delle Casse, proprio in uno dei punti più ripidi, dove il fiato gela e la strada se non è ghiacciata è perlomeno insidiosamente viscida; attenti inoltre alla caduta di ghiaccioli sulla salita tra Crodo e Baceno!). Chi vuole può accontentarsi di arrivare solo fino a Ponte, evitando l’ultimo tratto sino alla Cascata, che spesso in inverno è spazzato da un vento gelido: il vantaggio in questo caso è soprattutto quello di anticipare il rientro a Domodossola per evitare di scendere a valle con l’ombra e il freddo. Il divertimento e l’allenamento (anche per gli appassionati di mtb) sono comunque assicurati in ogni stagione.

Da Preglia a Crevoladossola alcune centinaia di metri di buona pendenza non devono trarre in inganno: le vere fatiche sono ancora lontane. Da Crevoladossola fino a Crodo si procede infatti a tutta birra, spesso ben sopra i 30 km/h (o attorno ai 20 km/h se si viaggia lentamente, mantenendo il battito cardiaco sotto le 120-130 pulsazioni al minuto per perdere chili). Il paesaggio è particolarmente ameno, specie il villaggio di Oira. Dopo le fonti di Crodo un’altra rampa di circa un chilometro costringe anche i più scatenati ad abbassare la velocità sui 15-18 km/h (a seconda del loro livello di preparazione), mentre chi in inverno pedala per dimagrire preferirà i 7-8 km/h godendosi la vista del monte Cistella che col suo corno domina Crodo e i soprastanti abitati di Mozzio e Viceno. Dopo un breve falsopiano alla fine dell’abitato di Crodo la strada riprende a salire. Poco prima di Baceno per circa trecento metri si viaggia all’ombra (cosa con il freddo non graditissima). Nel tratto Crodo-Premia i più forti spingono i loro pedali stabilmente anche ben al di sopra i 20 km/h, mentre il cicloamatore medio, se non ha paura di accumulare troppo acido lattico, all’apice della stagione potrà cercare di tenere per lunghe frazioni i 17-18 km/h. A Baceno, prima di entrare nell’abitato, apparirà la mole amica del Monte Cervandone, che domina imponente l’Alpe Devero. Sia d’inverno che d’estate è bello attraversare il paese, sempre pieno di gente fuori dai bar ed in piazza, annusando i profumi che escono dalle drogherie e dalle rosticcerie. Senza particolari cambi di ritmo la salita prosegue verso Premia. Un lungo falsopiano culmina con una curva a 90° che precede di una cinquantina di metri lo scollinamento e poi ci si butta a capofitto verso Piedilago (stando bene attenti in inverno nelle curve, dove può esserci qualche tratto viscido).
Da Piedilago fin dopo Passo è poi un susseguirsi di rettilinei da percorrere a palla se si è in gara o se ci si sta allenando su ritmi elevati. Lo scenario è stupendo. A sinistra si vede il Monte Giove con la sua cima tondeggiante, mentre in primavera ed in estate da entrambi i lati della valle Antigorio impetuose seppur esili cascate precipitano da altezze vertiginose. La strada, che quaranta anni fa era larga la metà di quella odierna ed aveva un fascino davvero straordinario, si snoda per lunghi tratti costeggiando la Toce, sotto lo sguardo severo della centrale di Cadarese. Si percorrono belle praterie e si entra a S. Rocco in piena velocità. Poco dopo, a Passo, si può respirare per un istante il fascino dell’epopea dei Walser: dal fondovalle non è possibile vederli, ma sul lato sinistro, sopra alcune bastionate rocciose riposano i villaggi abbandonati di Salecchio Inferiore e Superiore, abitati solo da qualche villeggiante in estate. La strada asfaltata, che anni fa si incurvava tra due enormi e suggestivi macigni (poi stupidamente fatti esplodere da alcune imprese di cave), dopo Passo riprende a salire dolcemente, quindi a poco a poco si impenna e da Chioso in avanti la pendenza si stabilizza intorno al 7-8%, con punte che toccheranno il 10%: la corona a 52 denti viene dunque messa stabilmente in soffitta, preferendo il più dolce 39.
Dopo Foppiano si attraversa il ponte inferiore sulla Toce, e ci si sposta per circa un chilometro sul fianco orografico sinistro (destro per chi sale) della valle. Questo tratto è abbastanza duro e ci si può permettere di affrontarlo a tutto gas solo se si è consapevoli di avere sufficienti riserve di energia da utilizzare sui tornanti successivi e più oltre, nell’impegnativo tratto da Ponte alla Cascata. I tornanti delle Casse, dopo il ponte superiore sul fiume che ci riporta sulla destra orografica (sinistra per chi sale), non presentano in realtà tratti proibitivi, ma certamente chi ha spinto al massimo in precedenza ormai qui potrebbe cominciare a sentire i primi segni della fatica. Per fortuna che tra Fondovalle e Ponte ci si può riposare, attraversando in leggera pendenza Chiesa e Valdo lungo piacevoli rettilinei. Ma è proprio su questi falsopiani che i più forti durante la Diablo aumentano ulteriormente il loro vantaggio su chi si accontenta di essere “sopravvissuto” alle Casse e sta riprendendo fiato in vista delle ultime fatiche.
Superato l’abitato multicolore e festoso di Ponte, da Brendo in poi la pendenza ritorna stabilmente intorno al 7-8% con frequenti rampe, come prima di Grovella o subito dopo Sotto Frua, ad un chilometro e mezzo circa dal traguardo, dove si tocca il 12% in alcuni tratti. Occorre stringere i denti, ma ormai l’Albergo della Cascata è in vista. Coloro che hanno ancora fiato finiscono gli ultimi duecento metri fuori sella, pedalando a tutto gas, alcuni per migliorare i propri record, altri magari semplicemente per far bella figura con il pubblico della Diablo che affolla il piazzale dell’arrivo. Chi invece arriva quassù in inverno non ha molto tempo per pavoneggiarsi. Bisogna ancora scendere fino a Domodossola (40 km!) e il sole sta già tramontando.

I piedi nonostante i soprascarpe sono gelati. Raggiunta Ponte ci si può eventualmente fermare 10 minuti in un bar per bere un tè caldo, ma poi bisogna ributtarsi giù alla massima velocità consentita dalla strada invernale. E non è finita. C’è ancora la breve ma estenuante salita tra Piedilago e Premia che ci aspetta: chi ha patito il freddo scendendo nella valle Antigorio ormai senza sole, su questa ultima rampa ha l’occasione buona per “scaldarsi” e verificare la propria tenuta atletica con una salita di forza resistenza di circa un chilometro, cercando di non andare mai sotto i 20 km/h da Piedilago fino allo scollinamento di Premia: buona pedalata!


Marco Fortis