domenica 9 luglio 2006

BREVETTO “CLUB DES CINGLÉS DU MONT VENTOUX” Sault (Provenza)

BREVETTO “CLUB DES CINGLÉS DU MONT VENTOUX”:
“CLUB DEI FORZATI DEL MONT VENTOUX”
UNA GIORNATA MEMORABILE
Il 9 luglio 2006 resterà, almeno per me, una giornata indimenticabile. Non solo perché la nazionale italiana di calcio ha conquistato il suo quarto Campionato del Mondo battendo la spocchiosa Francia, ma anche perché in terra di Francia oggi io ho conquistato il prestigioso brevetto ciclistico del “Club des Cinglés du Mont-Ventoux”: una grande impresa a cui pensavo da tempo.
Il brevetto si acquisisce salendo nello stesso giorno per ben tre volte il mitico Mont Ventoux (metri 1.912), teatro di epiche battaglie ciclistiche tra i grandi del Tour de France ed in particolare dell’ultima vittoria sulle strade francesi di Marco Pantani, nel 2000, quel giorno peraltro generosamente favorito da un Lance Armstrong in vena di gesti signorili. Il monte, spazzato da venti fortissimi (il celebre “mistral”), fino ai 1.500 metri è ricoperto da una lussureggiante vegetazione mediterranea (tra cui spiccano i cedri), poi diventa totalmente deserto e sulla sua cima spicca la sagoma gigantesca della famosa torre-osservatorio visibile sin da decine di chilometri di distanza. Le tre salite devono avvenire da tre versanti diversi: da Sault, da Bedoin (da dove si inerpica normalmente la tappa del Tour) e da Malaucène: nel complesso si tratta di un dislivello totale di 4.400 metri e di un percorso di circa 130 Km tra salite e discese, pressoché privo di tratti pianeggianti.

Giunto in Provenza sabato 8 luglio, dopo aver recuperato la famiglia al mare in Liguria, mi sentivo decisamente stanco, anche per le circa 7 ore e mezza di viaggio in auto da Omegna. La decisione di partecipare al brevetto era stata presa all’ultimo minuto, pur avendo già effettuato l’iscrizione (che dura un anno) un paio di mesi prima. Purtroppo però a causa di sopravvenuti impegni di lavoro avevo dovuto rinunciare al viaggio già un paio di volte.
Con alle spalle un allenamento assolutamente precario (consistente, di fatto, nella sola partecipazione alla Granfondo Fausto Coppi sette giorni prima), intraprendo la prima salita al Mont Ventoux alle 6:00 del mattino partendo da Sault dove abbiamo preso un alloggio di fortuna nel modesto Hotel Louvre. Timbro la mia carta di viaggio in albergo prima di partire. La giornata è serena. Già alla partenza vedo in lontananza la cima con il suo osservatorio. Tra splendidi campi profumati di lavanda in fiore la salita da Sault è la meno impegnativa delle tre. Presenta un dislivello di “soli” 1.220 metri ed è lunga circa 26 Km.
Quando la salita comincia ad entrare nel bosco ho un inaspettato e gradito incontro con tre caprioli che in una valletta laterale alla strada percorrono, spaventati da me, un buon chilometro correndomi a fianco senza peraltro riuscire a staccarmi perché sto viaggiando ad oltre 25 Km/h. L’ascensione è agevole fino a che non sbocca a Chalet Reynard, dove c’è il bivio con la strada che sale da Bedoin. Da questo punto in poi il tracciato dei due percorsi diventa comune ed è quello tipico, spettacolare, del Tour de France. Per arrivare alla vetta bisogna percorrere ancora circa 6 Km e mezzo: da questo versante questi ultimi chilometri sono i più duri, con una pendenza che non scende mai sotto il 7,5% e tocca per lunghi tratti il 9-10%. A 3 Km dalla cima mi fermo e mi faccio scattare una foto da un automobilista solitario fermo a guardare il panorama. Arrivo alla torre-osservatorio alle 7:40. Il negozio di souvenir è ancora chiuso così come il bar sottostante. Timbrerò in vetta (è sufficiente una sola volta) in occasione della seconda salita. Dopo essermi rifocillato mi annoto per scrupolo l’ora in cui risalgo in sella: sono le 7:56. E scendo a Bedoin.
Il paese si sta appena svegliando quando arrivo. La cittadina però pullula già di cicloamatori delle più diverse nazionalità giunti da ogni parte del mondo per scalare il Mont Ventoux. Timbro la carta di viaggio presso il negozio di un ciclista che ha appena alzato le saracinesche e noleggia biciclette e attrezzature ciclistiche di ogni genere. Compro un paio di bottigliette d’acqua nel bar di fronte per riempire le borracce e comincio la seconda salita. Quella da Bedoin è l’ascensione più impegnativa: 21,5 Km e un dislivello di 1.610 metri. I primi chilometri scorrono dolcemente, senza guadagnare granché sotto il profilo del dislivello. Per cui quando la salita comincia per davvero, presso la nota curva di Saint Esteve, sono subito dolori. Si sale ininterrottamente nel bosco di cedri per ben 9 Km con una pendenza media del 9,5% che non lascia respiro. Procedo con calma, mentre alcuni atleti impegnati in vere e proprie cronoscalate “competitive” tra amici salgono ad andatura elevata, superandomi. Trattengo a fatica la voglia di inseguirli: ho ancora molta strada da fare. Mi accontento di superare i ciclisti più lenti che si incontrano sul percorso, letteralmente stravolti dalla fatica. Alcuni “muri”, in effetti, mettono a dura prova muscoli ed articolazioni. Finalmente si sbocca presso Chalet Reynard e gli ultimi 6,5 Km, che già avevo avuto modo di conoscere in occasione della prima salita, adesso sembrano quasi “piacevoli”.
 Il tempo si è rannuvolato è c’è afa. Timbro in vetta alle 10:53. Mangio un panino, prendo delle maltodestrine e bevo una intera bottiglia di acqua da un litro. Ci sono molti ciclisti visibilmente provati, ma soddisfatti per essere giunti faticosamente in cima alla montagna (una sola volta!). Molti di loro probabilmente non conoscono nemmeno l’esistenza di questo brevetto che prevede addirittura una triplice scalata consecutiva nello stesso giorno. Mi faccio fare una foto da un olandese mettendomi in posa con alle spalle il desolato panorama del Col des Tempêtes. Salendo da Bedoin ho risparmiato energie, pedalando senza strafare e mi sento abbastanza bene. Sono perciò di buonumore. Il più sembra fatto…
Scendo spedito verso Malaucène ma a poco a poco comincia a venirmi una brutta sensazione perché la strada non finisce mai ed in alcuni momenti la bici accelera come quando si scende a precipizio dalla nostra Alpe Cardello. Penso che questi tratti poi li dovrò affrontare in salita e mi incupisco un po’. A Malaucène, con i freni ancora surriscaldati, timbro la carta di viaggio presso il negozio di un fotografo. Ho impiegato più di un’ora per scendere dal Mont Ventoux. Adesso è ora di scalarlo per la terza volta! Parto senza indugio nel fragore assordante delle cicale che affollano gli alberi dei viali di questa vivace cittadina.
La salita da Malaucène è meno dura di quella da Bedoin ma non scherza affatto. Ha un dislivello di 1.570 metri ed è lunga 21 Km, 4 dei quali sono oltre il 9,5% di pendenza media con punte superiori al 10-11%. Dopo un paio di chilometri mi rendo conto di non aver mangiato prima di cominciare la terza ascensione e soprattutto, nell’eccitazione, di non aver riempito la seconda borraccia: un grave errore per un ciclista della mia esperienza. Mi restano solo ¾ dell’altra borraccia con un po’ di sali e una barretta, che mangio subito, facendo una breve sosta.
Riparto sotto un sole velato, ma implacabile, ed una cappa di caldo ormai tropicale. Sono le 13:00 circa e sto salendo col mio passo con infinita pazienza e rassegnazione. Rispetto all’affollatissimo percorso da Bedoin qui si incontrano solo alcuni isolati ciclisti che scendono. Nessuno sale. Non c’è acqua da nessuna parte. Sorseggio con prudenza i pochi liquidi rimasti nella borraccia. Le labbra sono aride e si fa una bella fatica; il Mont Ventoux non regala proprio niente. Mi sento disidratato e scarico di energie ma per fortuna a 5 Km dalla vetta c’è un bar ristorante aperto, l’unico della salita: uno chalet dove compro una bottiglia d’acqua da 2 litri (subito consumata per oltre la metà) e dove mi fermo una ventina di minuti a riposare e a mangiare una crostata ai mirtilli, grondante di sudore.
Dopo la sosta ripartire è davvero penoso perché subito mi attende una lunga rampa di alcune centinaia di metri al 12-13% che sega i muscoli ormai stanchi. Ad un certo punto si verifica addirittura un fatto per me nuovo. Temevo che potessero venirmi i crampi, ma mai avrei immaginato che mi colpissero all’avambraccio destro, anziché alle gambe! Stacco l’arto sofferente dal manubrio e per un po’ salgo appoggiandomi alla bici con una mano sola. Gli ultimi 3 Km sono duri ma ormai la vetta è vicina. Alle 14:40 sono finalmente in cima per la terza volta: ragazzi, sono diventato un “forzato” del Mont Ventoux!
Scendo a valle soddisfatto, con gli occhi che si beano dei colori vivi dei campi di lavanda. E addirittura percorro in fuorisella pedalando a tutto gas l’ultimo chilometro che dal fondovalle risale dolcemente a Sault. Ho ancora qualche energia in corpo. La doccia in albergo è un piacere infinito. Poi la sera alla televisione la finale dei Mondiali di calcio è un autentico tripudio di felicità: battere i francesi ai rigori, dopo mille emozioni e colpi di scena, è un vero e proprio godimento. E’ stata una giornata davvero memorabile: “une journée memorable”, come recita lo stesso attestato del brevetto del Mont Ventoux…

P.S.
Dopo una quindicina di giorni ricevo a casa la carta di viaggio omologata e la medaglia ricordo numerata, speditemi da Monsieur Pic, l’organizzatore del brevetto. C’è allegato un biglietto con i suoi complimenti e con una annotazione che è una autentica provocazione. Mi chiede: “Galerien en 2007 ?”. Ah sì, perché, dimenticavo, c’è anche un altro brevetto: è quello ancor più duro dei “galeotti” del Mont Ventoux che consiste nello scalare la mitica montagna per ben 4 volte nello stesso giorno (6.000 metri di dislivello e 170 Km). Dopo le tre salite classiche del brevetto dei “forzati”, la quarta salita supplementare si fa in MTB verso sera passando per una strada forestale che sale da Bedoin e sbocca a circa 3 Km dalla vetta sulla strada proveniente da Malaucène… Roba da matti! Per ora non se ne parla, ma ci penserò Monsieur Pic. Non si sa mai…  

Marco Fortis