Avevo tentato solo una volta qualche anno fa il giro del nostro lago a piedi ma, arrivato a Gozzano, incrociai per caso la famiglia in auto che tornava da una gita al mare e senza esitare saltai sul carro dei famigliari e tornai a casa con loro. Risultato: mezzo giro fatto e l’altro mezzo mi è rimasto nei pensieri .
Sabato 24 aprile era l’anniversario del nostro matrimonio,
giornata calda ma non troppo, sole con qualche nuvola, ventilata il giusto,
Roberta ben disposta (e inconsapevole), la giornata perfetta.
Dopo qualche travaglio mattutino partiamo alle 8:50,
direzione Bagnella, senso antiorario.
Sentiero basso centrale elettrica di Bagnella fino a Oira in
buone condizioni. A Oira saliamo alla chiesetta della Madonna della Neve e tagliamo
nel bosco verso il ponticello della Qualba. Poi salita a prendere il sentiero
fino a Ronco Superiore. Quindi discesa a Ronco Inferiore e poi asfalto fino a
Pella. Breve pausa spuntino e poi via sul ponte antico sul Pellino e poi stradine
e sentieri sopra il paese fino a San Filiberto.
Ancora asfalto fino a Lagna poi per sentieri e stradine in
riva al lago che passano dal Pascolo arriviamo al Lido di Gozzano dove ci
concediamo una pausa pranzo a base di panini portati da casa. Spuntano le prime
piccole vesciche sui piedi che Roberta argina con cerotti vari.
Ripartiamo salendo il ripido sentiero che sbuca in mezzo al
guard-rail ai piedi dalla salita sulla statale per Gozzano. Segue un brutto
tratto di statale a bordo strada con il traffico che ti sfiora le orecchie fino
al golfo del Miami poi finalmente saliamo su stradina secondaria verso Corconio
abbandonando la statale. Da Corconio proseguiamo verso Legro sulla sterrata in
salita che poi diventa asfalto in discesa.
Qui ricordo a Roberta l’incontro ravvicinato, comico e
brusco avvenuto tra un extracomunitario con bici senza freni in discesa e il
gruppo Iride che saliva allegramente un sabato pomeriggio. E’ andata davvero
bene a quell’africano quel giorno. Prima ha sbattuto contro la bici del Dario
rallentando così la corsa verso l’abisso, poi passando miracolosamente in mezzo
al nostro gruppo senza altri danni si è infilato tra gli alberi nel fosso
sottostante ficcandosi nei cespugli con la testa. Noi allibiti e senza parole
abbiamo pensato veramente al peggio. Quando è risalito dal burrone rideva,
sembrava ancora tutto intero, un miracolo. La sua bici però aveva le ruote
quadrate e non andava nemmeno a spingerla. Prese la bici in spalla e se ne andò
tra lo stupore generale.
A Legro percorriamo la sterrata dietro al paese e facciamo
una pausa nella bella piazzetta. Poi su asfalto fino a Carcegna. Stradina verso
la torre che poi ritorna mulattiera. Ad un certo punto c’è una curiosa pietra
che ricorda che mancano 1000 km ad Amsterdam, ma noi per oggi andiamo solo a
Omegna. La mulattiera scende al ponte del Paganetto di Pettenasco.
Roberta comincia a dare segni di cedimento e devo dire che
anche io non sono proprio al massimo del vigore quindi ci fermiamo sulla
panchina assolata davanti alla stazione di Pettenasco a riprendere il fiato. I piedi
bruciano e ormai le vesciche sono una realtà quando ci incamminiamo verso
Crabbia su asfalto. Dopo il bel sentierino in mezzo alle case di Crabbia che
passa dietro al vecchio circolo ci infiliamo decisi sul sentiero che porta a Borca.
L’ultimo tratto nei boschi ora è diventato un sentiero stupendo dopo i lavori
di miglioramento che qualche santo volontario ha eseguito.
Il sentiero è ora molto frequentato da gitanti omegnesi che
incrociamo più volte. Scambiamo qualche parola con alcuni conoscenti. A Borca
incontriamo Sergio che ci prende per matti e mi dice “certo che bell’anniversario
di matrimonio ma … volevi divorziare?”.
La via Repubblica è eterna, lunghissima e caldissima, i piedi
scottano ad ogni passo. Arriviamo a Omegna trascinando le suole delle scarpe
dopo circa 40 km di saliscendi, sterrati e asfalti. Sembriamo due pellegrini di Santiago a fine tappa. La panettiera sotto casa mi
fa i complimenti (Roberta è già salita a buttarsi sotto la doccia). Sono le 17:30 quindi 8 ore e 40 minuti pause comprese, forse si poteva fare anche meglio. Salgo anche
io, ultimo sforzo, meno male che c’è l’ascensore.
Serata sul divano, non muoviamo nemmeno un dito, grande
soddisfazione, a parte i piedi che bruciano ancora. Penso che farò ancora il
giro del Lago d’Orta, in bici però.