Si dice che qualche anno
fa un tipo un po’ svitato appassionato e proprietario di animali esotici abbia
liberato una pantera nera nella zona del Monte Penna, selvaggia montagna sulla
cresta spartiacque tra Emilia e Liguria.
L’animale, che si pensava non avrebbe
superato il rigido inverno appenninico, si è invece adattato al clima e
soprattutto all’ambiente venendosi a trovare al vertice della catena alimentare
di quei luoghi, ricchi di selvaggina di ogni tipo. Sembra che la Forestale
abbia organizzato ripetute battute di caccia per catturare la fiera ma invano.
Il territorio in questione è vastissimo e tocca il confine di 5 regioni:
Piemonte, Lombardia, Liguria, Emilia e Toscana. Continui avvistamenti anche
negli anni successivi hanno confermato che la pantera è ancora viva e gode di
ottima salute. L’unico sollievo per i cicloamatori che si avventurano in quelle
creste è che la belva è un’animale notturno e caccia solo di notte, quando le
bici sono ferme in garage. Scherzi a parte la zona pullula di cinghiali, il cui
incontro è pericoloso quanto e forse più della pantera, ma anche di lupi e, da
qualche tempo, è stato reintrodotto pure l’orso, per completare il quadro.
Dopo questa introduzione
zoologica veniamo a me. Dopo aver girovagato con la mia Colnago Extreme per una
decina di giorni sulle colline parmensi intorno a Fidenza (che ormai conosco
come le mie tasche) ed aver così acquisito una discreta forma, mi sono
finalmente deciso ad affrontare un percorso più importante ed impegnativo sui
passi appenninici. E’ vero anche che la mia discreta forma intanto è stata
negativamente intaccata dall’aumento di peso corporeo per colpa delle
succulenti e prelibate cenette del meraviglioso agriturismo “Il Tondino” di
Fidenza dove ho soggiornato in questo periodo di vacanza.
Comunque all’alba di
venerdì 28 agosto metto la bici sulla Multipla e mi avvio verso Bedonia,
nell’alta valle del Taro, per accingermi ad affrontare forse uno dei percorsi
più impegnativi da me mai compiuti.
Ho anche la fortuna di
avere un compagno d’avventura d’eccezione, Leonardo da Melzo, che ringrazio,
esperto cicloamatore, Allievo FCI in gioventù, nonché preparata guida di tutta
l’area dell’Appennino parmense, che mi conduce con precisione e competenza durante
tutto il bellissimo tragitto.
Alle ore 8:00 già in
sella alla bici da corsa in località Bedonia affrontiamo il primo dei ben 5
passi Appenninici sullo spartiacque tra Emilia e Liguria in questa sequenza:
-
Passo di Monteavacà (breve con salita costante)
-
Passo del Tomarlo (lunghissimo con salita
costante)
-
Passo della Forcella (falsopiano tendente a
salire)
-
Passo del Ghiffi (lungo e durissimo)
-
Passo del Bocco (scendendo)
transitando tra le
provincie di Parma e Genova, sfiorando anche le provincie di Piacenza e La
Spezia. Circumnavighiamo così il mitico Monte Penna, un’imponente sperone
roccioso che si erge al culmine di maestosi pendii ricoperti da foreste
millenarie, passando tra il Penna ed il Maggiorasca, i più alti monti del
Levante Ligure. Panorami mozzafiato, natura selvaggia ed incontaminata, paesini
sperduti nelle infinite valli appenniniche ed isolati dal resto del mondo.
Alle 13:30, dopo 5 ore e
mezzo, arrivo nuovamente a Bedonia, dopo una lunga cavalcata di 110 km con 2500
metri di dislivello, sinceramente un po’ provato mentre il mio socio non lo
sembra affatto (sarà molto più allenato di me!).
Allego foto cartelli
stradali dei passi attraversati con panorama del Monte Penna nonché altimetria
del tragitto del mio fedele GPS Garmin che però purtroppo ha agganciato il
satellite 2 km circa dopo la partenza. Un’ultima cosa, l’unica pantera nera
avvistata su quei crinali è stata la mia Colnago Extreme C, nera come il
carbonio.
Concludo con una nota
fornitami dal mio preparatissimo amico Leonardo: nel Giro d’Italia 1994 si
svolse la durissima tappa cronoscalata Chiavari-Passo del Ghiffi, vinse Berzin,
2° Pantani, 3° Indurain, un trio mica male …