(altezze di riferimento slm: Omegna 295 m.;
Armeno 523 m.; Cheggino 635 m.; Luciago 920 m.; Cortano 1000 m.; Cippo
Fornara-Piemontesi 1310 m.; Mottarone 1440 m.; dislivello complessivo 1145 m.;
lunghezza salita km. 19,3; oppure da Carcegna, m. 397, lunghezza salita 15,6
km)
Ecco finalmente la salita più classica della
nostra zona, che analizzeremo qui dal versante cusiano. Un itinerario
paesaggisticamente straordinario: basti pensare alle vedute mozzafiato del Monte
Rosa, del Lago d’Orta e del Lago Maggiore che si possono ammirare in più punti
del percorso. Ma si tratta anche di una salita molto dura e tecnicamente
complessa, difficile da interpretare. Non è certamente impegnativa come
l’Omegna-Quaggione, ma in realtà lo è in egual misura per lunghi tratti. Il
Quaggione è più decifrabile, una scalata
estrema da effettuare in apnea, a “o la va o la spacca”, mentre il Mottarone è
ingannevole e subdolo. Con i suoi falsopiani e le sue pendenze talora più dolci
ti induce ad osare ed a ricercare il risultato cronometrico; ti attira nella
sua trappola e quando pensi di averlo domato ti riserva sempre nuove
sorprese... Così una volta arrivati a Cheggino ed aver superato un bel
chilometro tondo con una pendenza media al 16% e qualche muro intorno al 18%,
guai a rilassarsi perchè dopo il curvone del Pian di Sole ci sono ancora
duecento metri da brivido duri come i precedenti se non di più; idem mezzo
chilometro più tardi quando si potrebbe pensare che la strada è ormai spianata:
niente affatto, improvvisamente settanta metri micidiali si parano nuovamente
davanti a noi prima di poter rifiatare un po’ (ma ben poco...) sul lungo
rettilineo che porta a Luciago; ed ancora non ci si illuda sul breve tratto
piano della Madonna di Luciago di poter innestare subito a cuor leggero dei
rapporti più lunghi: dopo la curva un altro tratto ripido di una settantina di
metri ci riporterà immediatamente con i piedi per terra; ed infine quando a un
chilometro e mezzo dall’arrivo si pensa di avercela ormai fatta e di poter
continuare a spingere belle velocità con la speranza magari di ritoccare il
proprio record personale, attenzione: la strada si impenna nuovamente e si
stabilizza per quasi un chilometro su una pendenza media del 12%, quasi volesse
punire gli audaci che hanno osato violarla: insomma sul Mottarone anche chi
pensa di esser forte non lo è mai abbastanza, a meno di non essere un
cicloamatore con la c maiuscola o un corridore professionista o quasi. Questo è
il succo del discorso.
Per affrontare il
Mottarone occorre innanzitutto avere un buon allenamento: diciamo almeno
500-1.000 km nelle gambe. E per fare un tempo discreto bisogna prima aver
provato il percorso almeno un paio di volte ed aver elaborato un minimo di
strategia di attacco. Da Omegna i chilometri sono tanti, quasi 20, e il
dislivello è di 1.145 m. Bisogna saper programmare le forze, arrivare ad Armeno
veloci ma non troppo, per non essere subito puniti sul “calvario” di Cheggino;
e tra Armeno e la Madonna di Luciago bisogna saper resistere, andar sù con
determinazione, ma senza strafare, perchè altrimenti si rimarrà senza energia
nei tratti successivi dove le minori pendenze richiederebbero invece di
innestare la quarta. Bisogna inoltre conservare un po’ di carburante per il
chilometro finale, che potrebbe mettere in ginocchio chi ha già dato tutto in
precedenza.
Un cicloamatore solo moderatamente allenato,
partendo da Omegna, all’inizio di via Repubblica, appena dietro la stazione
F.S., impiegherà circa 1h20’-1h30’ per arrivare in vetta. Cicloamatori più
preparati realizzeranno invece tempi compresi tra 1h10’e 1h’20’, mentre tempi
inferiori sono chiaramente alla portata solo dei “salitomani” o dei
professionisti.
Proviamo ad analizzare la salita di un
cicloamatore medio ben allenato. I più giovani potranno affrontare il percorso
con una corona doppia (52-39), tenendo eventualmente di sicurezza un pignone da
28 denti per i tratti più duri; i meno giovani, anche se la gamba è buona,
troveranno invece grande giovamento utilizzando la tripla (50-40-30) e un pacco
pignoni con un 26 finale, adottando la corona più piccola per le pendenze di
Cheggino e i tratti successivi così da non accumulare troppo acido lattico nei
muscoli e conservare un po’ di forze in vista delle pendenze più abbordabili
che seguono Luciago. Puntando a realizzare come obiettivo un tempo più che
decoroso di almeno 1h15’, bisogna pianificare una corsa veloce ed equilibrata.
Dalla stazione F.S. di Omegna alla chiesa di Agrano il cronometro non dovrà
superare i 10’ o poco più, risultato che si può conseguire partendo subito ad
alta velocità fino a Borca e tenendo poi per lunghi tratti in salita i 16-17
km/h. Il successivo tratto pianeggiante da Agrano fino alla località Pescone
andrà anch’esso affrontato a tutto gas, cercando però di economizzare un po’ di
fiato in vista delle belle pendenze che si incontrano tra Pescone e Bassola.
Quesa rampa va affrontata con rispetto anche se non deve incutere troppa paura:
è infatti meno dura di quanto non appaia, come ben sa il corridore esperto
della zona. I primi cento metri si possono salire a 14-16 km/h senza problemi e
si può affrontare il punto più ripido (una settantina di metri in tutto) che
precede Bassola anche senza ricorrere al fuori sella, andando a non meno di 11-13
km/h. Senza mollare un attimo occorrerà quindi lanciarsi da Bassola ad Armeno
ad una buona velocità, innestando anche la corona da 52 denti nella prima parte
e cercando di raggiungere il cartello stradale di Armeno all’inizio del paese
facendo fermare il cronometro intorno ai 18’-18’30”. Questo tempo parziale è
una pre-condizione essenziale per il raggiungimento del tempo finale-obiettivo
di 1h15’, in quanto da Armeno in poi il percorso non concederà regali di sorta.
Raggiunta la piazza di Armeno in circa altri 2’-2’30”, approfittando del tratto
cittadino per rifiatare e magari bere un po’, inizia la cronoscalata vera e
propria al Mottarone.
Se la matematica non è un’opinione, con 20’-21’
alle spalle tra Omegna e la Piazza di Armeno occorrerà coprire il successivo
tratto tra Armeno e il Mottarone in 54’30”-55’ per completare il percorso
Omegna-Mottarone nel tempo totale obiettivo di 1h15’. Con quali intertempi?
Dalla piazza di Armeno al curvone di Cheggino, salendo a non meno di 9 km/h
sulle pendenze più ripide e tenendo se possibile i 10-12 km/h nei rimanenti
tratti, si impiegheranno circa 7’30”. L’ideale sarebbe poi raggiungere la
Madonna di Luciago in 20’-20’30” e Cortano in 29’30”-30’ (tempi cumulati da
Armeno). Tra Luciago e Cortano alcuni falsopiani consentiranno sporadicamente
di toccare e anche superare abbondantemente i 20 km/h. Lo stesso accadrà poco
dopo Cortano, per circa mezzo chilometro. Ma in seguito la strada si impenna
nuovamente e la frazione sino al cippo Fornara-Piemontesi richiederà una
concentrazione adeguata per mantenere costantemente i 12-13 km/h, velocità
assolutamente necessaria per scollinare al curvone del cippo in 49’30”-50’ (da
Armeno). L’ultimo chilometro, con una pendenza sensibile che si smorza solo
negli ultimi trecento metri, consumerà le nostre residue energie e richiederà
circa altri 5’: in conclusione, da Armeno alla vetta si saranno impiegati circa
54’-55’ che uniti ai 20’-21’ del tratto Omegna-Piazza di Armeno ci
consentiranno di abbattere il muro dell’ora e 15 minuti totali. Un tempo che
per un amatore è già una bella soddisfazione...
Ricordiamo che sul versante cusiano del
Mottarone si disputa ogni anno anche la mitica cronoscalata
Borgomanero-Mottarone dedicata al grande ciclista borgomanerese Lino Fornara,
vincitore di ben quattro giri della Svizzera negli anni ’50 e vincitore del
Gran Premio della Montagna nel Giro d’Italia del ’53 davanti a gente come
Coppi, Bartali, Koblet e Kubler... Quest’anno la prova è coincisa con il 16°
Campionato Italiano della Montagna UDACE-CSAIN (prova unica). Il percorso ha
raggiunto ad andatura cicloturistica Carcegna, passando per Gozzano ed Orta,
quindi è cominciato il tratto competitivo vero e proprio che è salito al
Mottarone in 15,65 km con una pendenza media del 7,45%. L’edizione 2000 del 10°
Memorial Lino Fornara è stata corsa il 27 agosto sotto una pioggia battente
(come quella del 1999, quando fece però più freddo). Il maltempo non ha
tuttavia fermato i valenti scalatori giunti da ogni parte d’Italia, soprattutto
Settentrionale: valle d’Aosta, province di Bergamo, Como, Mantova, Milano,
Bolzano, Verona, Ferrara, Ravenna, ecc. Ha preso parte alla competizione,
aggiudicandosi il titolo italiano nella categoria senior, anche Tiziano
Benedetti, campione delle Gran Fondo di fama nazionale (quest’anno vincitore
della GF dell’Elba e terzo assoluto alla ex Diablo dietro Moretti e Colagé).
Di una certa curiosità è il confronto tra le
classifiche della Omegna-Quaggione e il Memorial Fornara di quest’anno. La
Omegna-Quaggione, corsa il 25 giugno scorso, era valida per il Campionato
provinciale VCO della Montagna 2000. Fu vinta da Alessandro Frigerio della
Ierago Varese che effettuò il percorso nel fantastico tempo di 37’00”, con una
VAM (velocità ascensionale media in un’ora) di ben 1.458 metri. Ebbene, alla
Borgomanero-Mottarone questo pur notevole atleta ha dovuto accontentarsi del 5°
posto tra i senior, preceduto oltre che dalla meteora Benedetti anche da altri
tre atleti che non avevano partecipato all’Omegna-Quaggione. Il secondo classificato
assoluto dell’Omegna-Quaggione, Stefano Fatone della Cicli Di Lorenzo, giunto
al Quaggione subito alle spalle di Frigerio con il tempo di 37’05”, è invece
arrivato quarto tra i cadetti nella Borgomanero-Mottarone, mentre il terzo assoluto al Quaggione, l’aostano Carlo
Champ Villar si è aggiudicato al Mottarone il titolo nazionale dei gentlemen.
Il quarto assoluto al Quaggione, Galbignani Mauro del Team Peruffo, si è
classificato quinto tra i cadetti al Mottarone, mentre Giovanni Bacchetta,
giunto quinto al Quaggione, non ha invece preso parte al Memorial Fornara, così
come Victor Ronchi e Giuseppe Bartolozzi (rispettivamente 6° e 7° al
Quaggione). Valter Molini della Pennelli Cinghiale, 8° assoluto al Quaggione,
ha ben figurato al Mottarone, giungendo terzo tra i gentlemen. Alessandro
Giacobbe, della Tecnocasa, che aveva conquistato la nona posizione assoluta al
Quaggione con il tempo di 41’02” (ed era stato il primo senior nel percorso
medio della ex Diablo), si è classificato nono tra i senior al Mottarone,
davanti a Paolo Bertola del Team Tartaggia, che non aveva partecipato al
campionato provinciale VCO; Bertola è però valido scalatore come dimostrano il
25° posto assoluto conquistato nel percorso lungo della Gran Fondo Briko
Mottarone del 2 luglio immediatamente alle spalle di molti atleti della
categoria elite, nonchè il 10° posto assoluto nel percorso medio della ex
Diablo. Continuando a spulciare nelle classifiche rileviamo che i titoli
nazionali della montagna 2000 dopo la prova del Mottarone sono andati a:
Rossano Milesi del GS Abele Marinelli di Bergamo per i cadetti, a Matteo
Bosetti del Team Cicli Ambrosini di Varese per gli junior, al già citato
Benedetti della Galmod Biciclette di Verona per i senior, a Pietro Tengatini
del GS Barcella Giuliano di Bergamo per i veterani, al già menzionato Champ
Villar del GS Nus Fenis per i gentlemen, mentre la prima categoria
supergentlemen è stata vinta da Vincenzo Vezzoli della Regazzoni 94 GT Allarm.
Monica Brunati del Team Nonsolofango 90 si è aggiudicata il titolo donne A,
mentre Enrica Testori del GS Barcella Giuliano ha vinto il titolo donne B. Tra
i corridori del VCO meritano di essere ricordate le belle prove al Mottarone di
Mirko Cappelli del GS Alessi, brillante terzo tra i veterani, Gianluca Billa
del Team Tartaggia, giunto quinto tra gli junior, Michele Lunghi della Domo
Bike (già secondo tra i cadetti e quarto assoluto nel percorso medio della ex
Diablo) classificatosi settimo, Lucio Pirozzini dell’UC Valdossola (vincitore
al Quaggione del titolo provinciale degli scalatori tra i gentlemen) giunto al
Mottarone ottavo nella sua categoria, e l’immancabile Ludovica Pedretti dell’UC
Valdossola, che ha conquistato il quarto posto nella categoria donne B. Piccola
ma agguerrita la rappresentanza omegnese con Marco Masoni (17° junior) del BC
Club Crusinallo e il suo collega Massimo Nolli (21° nella stessa categoria),
mentre i colori della Iride al Mottarone sono stati onorevolmente difesi, nei
limiti del possibile, dal sottoscritto (17° veterano).
Marco Fortis