venerdì 10 settembre 2010

FAUNIERA-COLLE DEI MORTI (2.480 m.): I MONTI DI DIO

Nei pressi del Santuario di San Magno in Valgrana c’è un cartello su una curva che recita così: “Scendi adagio! Conserva la serenità del Santuario e dei monti di Dio”. A me, per la verità, questo invito non serve granché, visto che in discesa sono prudentissimo.
Ma la serenità del Santuario di San Magno mi è stata invece molto utile e consolatoria salendo in bici verso il Colle dei Morti-Fauniera in una calda e serena giornata settembrina. Una scalata stupenda, dal versante di Pradleves, piccola cittadina cuneese che si vanta giustamente di essere la capitale del raro formaggio Castelmagno (ottimo se stagionato oltre i 18 mesi). Una salita in una solitudine estrema, soltanto con il monumento dedicato al grande Marco Pantani a tenermi compagnia una volta arrivato al valico. Una scalata nel silenzio dei monti di Dio alla nostalgica riscoperta dei luoghi che avevo attraversato in occasione della Granfondo Fausto Coppi del 2006, una settimana prima che l’Italia vincesse i mondiali di calcio in Germania. Allora ero salito al Fauniera da Ponte Marmora superando il Col d’Esischie, dopo aver già scalato in precedenza il Colle di Sampeyre: anni d’oro, quelli, in cui le mie gambe sembravano non conoscere fatica. Tant’è che sette giorni dopo avrei salito in un solo giorno tutti i tre versanti del Mont Ventoux a caccia del prestigioso brevetto dei “Forzati”.
La salita al Colle dei Morti-Fauniera da Pradleves è diventata una leggenda del ciclismo. Qui è transitato varie volte anche il Giro d’Italia, in una delle quali alla fine Pantani sarebbe stato assoluto protagonista di tappa se non fosse caduto in discesa, il giorno prima della sua ultima fuga senza successo alla Cascata del Toce.
Al Colle dei Morti (che è il vero nome del Fauniera, che è solo un monte sovrastante il valico) si può salire da tre versanti, uno più bello dell’altro. Quello da Ponte Marmora è il più facile, si fa per dire. Si sale prima al Col d’Esischie, poi si gira a destra, si fiancheggia il Colle del Vallonetto e in meno di un chilometro si arriva al valico: tre colli oltre i 2.000 metri in breve distanza l’uno dall’altro. Il secondo versante è quello di Demonte (da me fatto in discesa nel 2006): più duro, con frequenti cambi di pendenza ed un finale caratterizzato da un arido e desolato paesaggio roccioso. Ma probabilmente la scalata più impegnativa è la terza, quella che descrivo oggi, da Pradleves. Tanti, infatti, sono i passaggi impegnativi, oltre il 12% sino a punte superiori al 15%, con diversi chilometri caratterizzati da una pendenza media sempre superiore al 10%. Il Fauniera da Pradleves non è estenuante come gli ultimi dieci chilometri del Colle dell’Agnello (secondo per altitudine in Italia solo allo Stelvio) da Sampeyre ma poco ci manca.
Lasciata l’auto a Pradleves, dopo qualche incertezza su come vestirmi (in particolare se tenere i pantaloncini corti o mettermi quelli lunghi) inizio la salita in tenuta estiva rinfrescato da una gelida brezza che scende dai monti. I primi sei chilometri, incassati nella valle, sono relativamente pedalabili. Poi, poco prima della località Campomolino, inizia il tratto più duro, quello che porta fino al Santuario di San Magno. Diversi castelli segnaletici non lasciano dubbi sulle pendenze di alcuni tronconi e tornanti, che superano il 15%.
Poco prima di arrivare al Santuario si supera il rifugio “Tana della marmotta” posto su un ampio e spettacolare curvone. Mi fermo per una foto con l’autoscatto. Il cielo è azzurro, il sole scalda e tempera l’aria frizzantina. Tutto procede bene se non fosse per un sottile velo di malinconia. Sarà forse per gli anni che passano o per quel ricordo di Pantani che scattava invano verso la Cascata del Toce, con la valle scossa dal boato della folla entusiasta, prima di essere implacabilmente raggiunto da Simoni e altri corridori. Le gambe girano bene ma sento chiaramente che non sono più quelle di una volta, proprio come quelle di Pantani quel giorno: tempus fugit…
Dopo un Km in relativo falsopiano la salita torna a farsi dura. Non si incontrano più muri impegnativi ma la pendenza non molla mai. Si costeggiano diversi alpeggi con mucche e maiali. Il mio timore, come sempre, è per i cani pastore, memore degli assalti degli aggressivi cani pirenaici che ho subito lo scorso anno sul Col d’Aubisque. L’ultimo alpeggio lo si attraversa, letteralmente, perché la strada si incunea tra due stalle pericolanti. L’asfalto è rovinato e ricoperto di terra e di “bulacche”. Occorre destrezza per non restare impantanati nella cacca delle mucche con le sottili ruote della specialissima.
Gli ultimi tronconi si dirigono con alcuni rettilinei e ampi curvoni verso il Col d’Esischie che però si lascia sulla destra proseguendo diritti verso il Fauniera. Arrivo al Colle dei Morti in breve tempo. Sul valico hanno piazzato un nuovo cartello. Il monumento dedicato a Marco Pantani svetta tra le montagne in assoluta solitudine, la stessa del grande campione in carne ed ossa.
Dopo qualche foto sul passo intraprendo la via del ritorno. Faccio però una rapida puntata anche al Col d’Esischie dove gli organizzatori della Granfondo Fausto Coppi nel 2007 hanno posto un cippo celebrativo. La discesa dai monti di Dio è velocissima e la prudenza è davvero d’obbligo. Vari tornanti sono stati dedicati a grandi protagonisti del ciclismo. Mi fermo in prossimità di quello dedicato a Charly Gaul per ammirare il panorama della valle e scattare un’ultima foto, prima di buttarmi nuovamente a precipizio, ma senza esagerare, verso il Santuario di San Magno e Pradleves.

Marco Fortis